Una valle lassù sulla Luna

 

Quella di Taurus-Littrow è una valle molto profonda, ancora più profonda del Grand Canyon, e infatti le montagne che si ergono da entrambi i lati arrivano a misurare dai 1800 ai 2100 metri, dal punto più basso della valle, e sono illuminate da un Sole ancora più brillante di quello che si può trovare su un ghiacciaio o nel deserto, ma si stagliano contro un cielo nero, un cielo talmente nero che non si riesce neanche a vederlo dalle stampe delle fotografie che purtroppo non rendono il contrasto che gli occhi percepiscono lassù.

(Commento di Harrison Schmitt – astronauta della missione Apollo 17 – dicembre 1972)

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Noi, qui giù sulla Terra, immersi nell’atmosfera, possiamo percepire nella notte un cielo in sfumature di grigio. Perché il grigio si avvicini quanto più possibile al nero, si devono verificare alcune condizioni sulle quali non possiamo intervenire; le due principali sono l’assenza della Luna e un valore di umidità dell’aria quanto più basso possibile. Infatti le particelle di vapor d’acqua presenti nell’aria sono un ottimo mezzo per la diffusione della luce.
Quindi se non c’è la luna nel cielo, non ci sono fonti che potrebbero interferire con le particelle d’acqua, comunque presenti in concentrazione varia. Questo è stato vero finché l’uomo, non ha inventato l’illuminazione artificiale e progressivamente inondato le strade, i paesi, le metropoli, con flussi esagerati di luce.

Ecco le prove:

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NASA Photo ID ISS041-E-90188 – Date taken 2014.10.21

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NASA Photo ID ISS043-E-93564 – Date taken 2015.04.08

Questi un paio d’esempi di quello che possono vedere dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) gli astronauti che, a 400 km d’altezza, sorvolano la Terra. È facile intuire che la luce che si vede da lassù è inutilmente sfuggita al compito che le era stato assegnato: illuminare le attività umane sulla terra.

Potrebbe giovare a qualcuno questa dispersione, oltre agli astronauti che possono vedere i segni dell’antropizzazione e sentirsi più vicini a casa? A nessun altro, anzi, è dannosa per i processi biologici della vita di piante e animali che hanno bisogno di cicli ben definiti di luce e buio (tra gli animali consideriamo anche H. sapiens). Infatti per descrivere questo fenomeno è stata coniata la definizione di “inquinamento luminoso”.

Se vogliamo guardarci un po’ più da vicino, c’è anche un’altra categoria che viene danneggiata da questo inquinamento. Coloro che per professione o per passione studiano lo spettacolo più straordinario che va in scena dai tempi appena successivi al Big Bang e che si svolge sulla nostre teste: il firmamento. La luce degli astri viene irrimediabilmente disturbata da questo rumore di fondo che l’uomo stesso produce con la luce che disperde verso l’alto.

E allora la domanda che sorge spontanea potrebbe essere: “visto che ormai dominiamo le scienze e la tecnologia, possiamo estirpare il fenomeno?”

L’ottimista risponderebbe senza esitazione: “non ancora”.

E nel frattempo? Beh, nel frattempo possiamo adottare delle misure di mitigazione del fenomeno. E per questo ci sono accortezze, buone pratiche, metodi, tecnologie degli apparecchi d’illuminazione, e persino leggi regionali, che prevedono misure di contenimento del fenomeno.

E ci sarebbe anche un lieto fine … si risparmia!

Vladimiro Ercolino
Sezione Inquinamento Luminoso ATA

 


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