Fusione nucleare, Frascati al primo posto per la DTT
Sarà il sito ENEA di Frascati a ospitare la Divertor Tokamak Test facility (DTT): il Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla fusione nucleare. La cittadina castellana batte ben otto proposte presentate da altre località italiane e si aggiudica il punteggio più elevato calcolato sulla base di parametri tecnici, economici e ambientali, come si evince dalla relazione conclusiva approvata dal Consiglio di Amministrazione dell’ENEA. “Oggi è l’Italia che vince perché investe sulla conoscenza e sull’energia sostenibile con un progetto che garantisce prospettive scientifiche e occupazionali positive per tutti e, in particolare, per i giovani”, commenta il Presidente dell’ENEA Federico Testa.
Congratulazioni per l’eccellente risultato raggiunto giungono anche dall’Associazione Tuscolana di Astronomia (ATA), tra i primi, fin dal lontano 1995, ad impegnarsi nella divulgazione scientifica sul territorio dei Castelli Romani ed a puntare su una maggiore conoscenza pubblica e valorizzazione del grande distretto scientifico dell’area di Frascati.
“Sono, ancora una volta, le conoscenze scientifiche raggiunte dall’uomo grazie all’incredibile avventura della scoperta dell’Universo ad aver ispirato ricerche e generato successive applicazioni tecnologiche che possono decisamente cambiare il volto dell’umanità“, commenta il Presidente dell’ATA Luca Orrù. “In questo caso, ci riferiamo ai processi di fusione nucleare che tengono “accese” ed in equilibrio gravitazionale ed energetico le stelle per centinaia di milioni o per miliardi di anni e che in qualche modo si cerca di riprodurre e controllare all’interno dei reattori a fusione nucleare. Con l’intento di risolvere in modo pressochè definitivo il problema dell’approvvigionamento di energia sicura, programmabile, ad emissioni zero di CO2 e senza il grosso problema delle scorie radioattive che vengono invece prodotte nei processi di fissione nucleare. Obiettivo però purtroppo ancora molto lontano dall’applicazione su larga scala: nel frattempo, non ci resta che gestire al meglio la transizione energetica ormai ineludibile verso le fonti di energia rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico, etc.) e seguire con grande attenzione e speranza gli esiti dei grandi progetti di ricerca come il DTT e come ITER“.
La DTT, in particolare, ideata dall’ENEA in collaborazione con CNR, INFN, Consorzio RFX, CREATE e alcune tra le più prestigiose università italiane, nasce per fornire risposte scientifiche e tecnologiche ad alcune problematiche particolarmente complesse del processo di fusione, come la gestione di temperature elevatissime. Sarà un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio di 5, all’interno del quale saranno confinati 33 metri cubi di plasma con un’intensità di corrente di 6 milioni di Ampere (pari alla corrente di sei milioni di lampade) e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato (oltre due volte la potenza di un razzo al decollo), come rende noto l’ENEA.
Un progetto ambizioso che si pone quale “anello” di congiunzione tra i grandi progetti internazionali ITER, il reattore a fusione nucleare in costruzione a Cadarache, nel Sud della Francia, ad opera di un consorzio internazionale composto da Unione europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India e Corea del Sud, e DEMO, il reattore che dopo il 2050 dovrà produrre energia elettrica da fusione nucleare.
“Adesso – ha aggiunto Testa – si apre la fase dell’avvio operativo che richiederà il massimo impegno per garantire il rispetto della tempistica e degli adempimenti previsti, a cominciare dalla firma di un accordo con la Regione”. L’avvio dei lavori della maxi infrastruttura di ricerca è atteso entro il 30 novembre 2018, con la previsione di concluderli in sette anni. Il progetto vedrà il coinvolgimento di 1500 persone di cui 500 direttamente e altre 1000 nell’indotto con un ritorno stimato di 2 miliardi di euro, a fronte di un investimento di circa 500 milioni di euro.
I finanziamenti sono sia pubblici che privati e vedono la partecipazione, fra gli altri, di Eurofusion, il consorzio europeo che gestisce le attività di ricerca sulla fusione, con 60 milioni di euro, per conto della Commissione europea, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) con 40 milioni, il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) con 40 milioni impegnati a partire dal 2019, la Repubblica Popolare Cinese con 30 milioni, la Regione Lazio con 25 milioni, l’ENEA e i partner con 50 milioni cui si aggiunge un prestito BEI da 250 milioni di euro.